Sergio Dalmasso storico del movimento operaio. QUADERNI CIPEC e Altri Scritti
  

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Scritti e Materiale Vario di Sergio Dalmasso - Quaderni CIPEC

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Sergio Dalmasso

Mariamargherita SCOTTI, Intellettuali, Partito Socialista Italiano e organizzazione della cultura (1953/1960), Roma, Ediesse, 2011.

Il testo di Mariamargherita Scotti, risultato di una lunga ricerca, iniziata con lo studio sulla rivista “Passato e presente”, è di grande interesse ed importanza e solamente la scarsa attenzione della sinistra italiana per le proprie storie e la “damnatio memoriae” scesa sull’intero movimento socialista ne hanno impedito la diffusione che avrebbe meritato.

Tesi centrale del corposo studio, ricco di una documentazione accurata e quasi inedita (di particolare importanza lo studio degli epistolari), è l’esistenza di una specifica cultura socialista, nei decenni ’50 e ’60, non semplicemente subordinata a quella comunista (cfr. Nello AJELLO, Intellettuali e PCI, 1944/1958, Bari, Laterza, 1979).

La presenza socialista si articola, con matrici, forme e contenuti anche contraddittori, in iniziative, riviste, in gruppi di intellettuali non conformisti, “marxisti critici”, spesso alla ricerca di una alternativa alla morsa tra stalinismo e socialdemocrazia.

Il lavoro è diviso in tre segmenti cronologici, 1953/1955, 1955/1957, 1957/1960 cui corrispondono tre temi: l’autonomia, l’organizzazione, il neocapitalismo.

Il primo analizza il tentativo di ritrovare autonomia culturale rispetto all’egemonia del PCI, dal “caso Bosio”, l’estromissione (1953) dell’intellettuale lombardo dalla direzione della rivista “Mondo operaio”, al convegno per la libertà della cultura (Bologna 1954), a quello (1955) per ricordare la figura di Rocco Scotellaro, poeta e sindaco socialista di Tricarico.

Emerge già qui, nettamente, la figura di Raniero Panzieri, organizzatore politico e culturale, di formazione morandiana, teso a rivendicare autonomia della cultura dalle direttive di partito e ricercare nella tradizione popolare (non sono estranee, anche se problematizzate, le influenze degli studi etnologici e antropologici di Ernesto De Martino) elementi positivi da valorizzare nello scontro politico.

Il periodo successivo, 1955/1957 è segnato dal tentativo di organizzazione, di strutturazione. Nel maggio 1955 nasce la sezione cultura e studi del PSI, affidata a Panzieri che tenta di portare la voce dell’intellettualità, non in astratto, nel dibattito e nell’iniziativa del partito, in chiave non alternativa al PCI, ma sempre autonoma da esso. Vengono rilanciate, per iniziativa di Bosio, le Edizioni Avanti!

Su questo dibattito calano pesantemente, dalla primavera 1956, i nodi indotti dal XX congresso del PCUS, con la messa in discussione della figura storica di Stalin e le successive sollevazioni in Polonia ed Ungheria. Alle diverse interpretazioni del rapporto tra politica e cultura, tra intellettuali e partito, si somma quello tra socialismo e democrazia.

L’uscita dallo stalinismo offre letture opposte: in un recupero di categorie della socialdemocrazia classica, o “a sinistra”. Dieci inverni di Franco Fortini raccoglie scritti pubblicati, ma anche inediti, testi censurati, pagine di un saggio incompiuto, scritti da un intellettuale scomodo antistalinista da sempre, ma anche capace di rifiutare ogni anticomunismo “neoborghese” o “illuminato” (si rilegga la Lettera a un comunista che chiude il libro). Panzieri, introducendo il convegno Azione politica e culturale (Roma, gennaio 1957), propone il valore politico della politica culturale, come strumento per un rinnovamento della strategia e della pratica del partito. Sono la capacità di dominio scientifico della classe operaia e la coscienza delle modificazioni che intercorrono nei rapporti produttivi a dover determinare le nuove scelte e il ruolo del PSI per una riorganizzazione autonoma della cultura di sinistra.

Il terzo periodo (1957/1960) ha come centro il dibattito sul neocapitalismo. Se l’autonomizzarsi del PSI dal PCI nasce dalla critica allo stalinismo e ai paesi del blocco sovietico, segna anche l’inizio dell’ipotesi di centro-sinistra organico con la DC, di rottura di decennali forme di unità, di modificazioni teoriche, proprio in una fase in cui si riapre, in forme nuove, una conflittualità di classe (periodizzante l’estate del 1960, con la protesta, non solo antifascista, contro il governo Tambroni).

All’”uscita a sinistra” dallo stalinismo, al ritorno alla centralità di classe, alla ridiscussione senza rete della storia del movimento operaio, in tutti i suoi nodi, proposta da Panzieri, Fortini, Bosio (in altra chiave da Danilo Montaldi), si contrappongono tesi “riformiste”. Le riviste, da “Ragionamenti” ad “Opinione”, da “Tempi moderni” a “Passato e presente”, nata attorno ad Antonio Giolitti che ha lasciato il PCI, da “Citta aperta” a “Mondo operaio”, per una fase diretta, di fatto, da Panzieri, discutono di riforme di struttura, dell’utilizzo delle novità tecnico-scientifiche, dibattono sulla realtà strutturale italiana (arretrata o interna, ormai, a quella del capitalismo più avanzato?).

Poli estremi di questo confronto sono le Sette tesi sul controllo operaio di Panzieri e Libertini e Riforme e rivoluzione di Antonio Giolitti.

Le progressive, ma rapide, modificazioni del PSI, spingono Panzieri, Bosio, Fortini a dissociarsi dalle sue scelte. Il testo di Scotti si chiude, significativamente, con il trasferimento di Panzieri, da Roma a Torino, l’incontro con una nuova generazione, l’elaborazione che darà vita ai “Quaderni rossi”.

Il libro ci parla di una storia non conosciuta o volutamente misconosciuta, di una tradizione, nella sinistra italiana, che sarebbe opportuno valorizzare e di cui è utile riproporre alcuni contenuti.

Si ripetono nel testo i nomi di Della Mea, Alasia, Rieser, Guiducci, Pirelli, Foa, Agazzi, Amodio, Arfè, Basso, Lombardi, Nenni, Pizzorno…, quasi a proporre un’altra storia, un’altra sinistra.

Il bel convegno Morandi, Basso, Panzieri, Lombardi… Culture anticapitalistiche nella storia e nell’esperienza del socialismo di sinistra (1996) è rimasto purtroppo isolato e le sue tematiche paiono scomparse nella difficile situazione presente.

Torniamo a pensare a tutte le nostre storie, a confrontarle, dialettizzarle con l’oggi. Il bel libro di Scotti ci aiuta in questo lavoro, fuori moda e controcorrente.